La signora del Bosone

Il Bosone, e il suo blog, deve molto a Fabiola Gianotti,   una delle italiane più conosciute al mondo che si è conquistata, tra le tante cose, pure una copertina del Time per avere osservato una delle chimere della fisica, il Bosone di Higgs.

 

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Fabiola Gianotti al Cern

 

Schiva, discreta. Appassionata del suo lavoro. E d’altronde è là dove ogni fisico vorrebbe essere, al centro delle ricerche più prestigiose. Arriva al Cern di Ginevra  come tanti ricercatori europei e in particolare italiani dell’Infn, Istituto Nazionale Fisica Nucleare. Cervello in fuga solo formalmente. Se ti vuoi applicare davvero nella fisica delle particelle non puoi prescindere dal Cern, la ricerca ad alto livello in Europa si fa solo lì. E Fabiola Gianotti ai laboratori di Ginevra arriva dopo l’Università degli Studi di Milano, con laurea e dottorato in uno dei gruppi più prestigiosi d’Italia. Fa il percorso che tanti neolaureati fanno. Solo che lei, arrivata al Cern, inizia a scalare. Insieme ad altri italiani lavora a testa bassa per l’LHC (Large Hadron Collider), l’acceleratore di particelle più potente al mondo. Lei lo sa che quella è la porta che potrebbe spalancare nuove  strade di ricerca, e aiutare a risolvere i misteri della fisica, tra le quali la scoperta del Bosone di Higgs, il mattoncino fondamentale che manca per la spiegazione della creazione della materia. C’è ancora tanto da studiare e senza l’acceleratore nulla è possibile. Per questo il giorno dell’accensione, sei anni fa, lei è raggiante. E spiega ai tanti giornalisti che affollano l’edificio a cupola in legno della sala stampa, la portata storica di quel primo vagito.

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Simulazione del Bosone di Higgs

 

Io l’ho conosciuta proprio lì, forte pragmatica, paziente e disponibile. Abbiamo frequentato la stessa facoltà (io molto più modestamente), abbiamo compagni di corso in comune, che  lavorano ancora adesso con lei, e la sintonia è immediata. Non nascondo di aver provato un po’ di invidia nel vedere concretizzato ai massimi livelli il desiderio che avevo da studentessa di fare  ricerca. Ci vuole molta testa, molto cuore e tanto spirito di sacrificio, e io non ce li avevo. Ma lei sì. E più tardi si è capito bene. Poco più che quarantenne era già direttore di uno dei quattro esperimenti dell’LHC, e ben presto sarebbe arrivata ad acciuffare il misterioso Bosone. Sotto lo sguardo commosso dello stesso Higgs, il fisico britannico che ha teorizzato l’esistenza della particella, quattro anni dopo l’accensione dell’acceleratore  Gianotti ha presentato i dati scientifici che provavano che la particella era stata vista e misurata.

Dopo questo successo la rivista Forbes la mette tra le 100 donne più influenti del pianeta, e Times la colloca al quinto posto tra le “persone dell’anno” nel 2012, classifica guidata dal presidente Obama.

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Fabiola Gianotti sulla copertina di Time

 

Tutti avrebbero scommesso su un Nobel per Fabiola e il collega, anche lui italiano, Guido Tonelli, a capo di un altro esperimento che ha contribuito a questi eccezionali risultati. Ma l’Accademia di Stoccolma un anno dopo la presentazione di questi risultati ha dato uno schiaffo alla ricerca di anni, premiando solo i fisici che avevano teorizzato l’esistenza del Bosone, Peter Higgs appunto e Francois Englert, dimenticando chi con anni di lavoro ha sudato sugli strumenti per dare concretezza a quella teoria. Mascherando la delusione, con il consueto sorriso Fabiola Gianotti ha commentato che un po’ di merito il Cern lo aveva pur avuto anche in quel premio. E ha promesso ancor più lavoro.

Il riconoscimento di oggi – prima donna alla direzione del Cern – è solo un altro gradino, il futuro di Fabiola Gianotti è sempre più luminoso, renderà ancora più orgogliosa l’Italia con altri successi. E perchè no, con quel Nobel sfuggito per un soffio

Una risposta a “La signora del Bosone

  1. La ricerca sul bosone ha assorbito capitali per 8 miliardi di Euro di fondi pubblici dell’UE.
    Capisco il desiderio insopprimibile per l’uomo di sapere come il buon Dio abbia messo insieme la realtà nella quale viviamo, ma mi chiedo: in un mondo che pare non voler mettere risorse illimitate a favore della ricerca, non sarebbe meglio procedere in un ordine di priorità e dedicare tante e tali risorse in primis a favore di chi si dedica alla ricerca delle malattie inguaribili ?
    Il giorno che non sentiremo più parlare di gente scomparsa prematuramente a causa di questa o quella patologia, credo che un’onda di gioia invaderà il mondo e a quel punto sapere che a dirigere quel gruppo di ricerca – a proposito: perché premiare solo il leader e non il gruppo intero di lavoro ? – sia stata una donna o un uomo, un italiano o un qualsiasi altro cittadino del mondo, un volto pubblicato sul TIME o uno di qualcuno perfettamente sconosciuto ai più, il vincitore di un Nobel o dell’Ambrogino d’Oro, sarà un dettaglio quasi insignificante.

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